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C'è un cuore verde dell'Abruzzo, costituito dal territorio di Navelli, San Pio delle Camere, Civitaretenga, Camporciano etc., tutti comuni in provincia dell'Aquila, che da tempo immemorabile si dedicano alla coltivazione di una specie di zafferano, il "Crocus sativus L. cv. Piana di Navelli", ritenuta unanimemente da tutti i buongustai come una delle migliori qualità per caratteristiche organolettiche, aroma e potere colorante decisamente superiore a quello della medesima pianta proveniente dalla Turchia, dall'India o dalla Spagna. La storia dello zafferano di Navelli, oggi tutelato con apposita denominazione, risale al XV secolo, quando un monaco dell'Inquisizione, Padre Santucci, di ritorno dalla Spagna dove gli Arabi avevano introdotto questa coltura, portò nel suo paese i sensi del crocus, dando così inizio ad una attività che fu assai fiorente fino a tutto il '600, poiché la gastronomia medioevale faceva un uso massiccio e ricorrente delle spezie. Per secoli lo zafferano di Navelli venne esportato in tutto il bacino del Mediterraneo e in Europa ed il suo valore commerciale era superiore, alla libbra, al prezzo dell'argento, tanto che possedere uno zafferaneto, era più remunerativo della proprietà di una miniera del prezioso metallo. E' il Medioevo, infatti, fino a tutto il Rinascimento, a segnare il trionfo di questa spezia nelle cucine di tutta Europa, insieme alla cannella, i chiodi di garofano, il pepe, lo zenzero e la noce moscata e il gustarli costituiva segno di agiatezza e superiorità di classe. L'importanza delle spezie, d'altronde, è stata tale da mettere in moto le stesse esplorazioni geografiche, ma il loro declino iniziò nel XVII secolo, quando la grande Francia impose in Europa una cucina dai gusti diversi. Ma lo zafferano di Navelli, la cui lavorazione e raccolta è ancora oggi completamente manuale a causa della delicatezza dei piccoli fiori violetti da cui vanno poi prelevati gli stimmi, ha superato tutte le crisi di sottoproduzione. E' dai filamenti colorati della corolla, una volta essiccati, che si ricava la preziosissima polvere che noi adopriamo per il nostro risotto. Mentre ci apprestiamo ad usarlo, dunque, ricordiamoci che quel grammo di polvere gialla proviene da ben 1500 fiori raccolti, uno per uno, a mano, in un nebbioso mattino tra ottobre e novembre nella piana di Navelli. |